L’Italia ha avuto il compito dalla Comunità internazionale di aiutare le istituzioni afgane a riformare il proprio sistema giudiziario, proponendo come modello quello di casa nostra.
Osservando come si è sviluppata la recente vicenda dei tre cooperanti di Emergency, pare poter affermare che più che ai nostri codici,l’ establishment afgano si sia ispirato ad alcune prassi d’azione investigativa attualmente in uso dalla polizia italiana.
Non sarà sfuggito a nessuno, infatti, la forte similitudine di quanto avvenuto all’ospedale di Lashakar Gah con i fatti della scuola Diaz.
A Genova un gruppo di ufficiali di polizia ha artatamente collocato delle bottiglie molotov nei locali dove dormivano decine di giovani per poi accusare costoro di esserne i proprietari e quindi massacrarli di botte e perseguirli come Black Block e fiancheggiatori del terrorismo. Sulla base di queste “prove” fu orchestrata una campagna mediatica imponente tesa a criminalizzare tutto il movimento fino a cercare di accusare l’intero GSF (Genoa Social Forum) di essere un’associazione sovversiva.
A Lashakar Gah la pratica non sembra essere stata molto differente: viene fatto scattare un allarme bomba, il personale è evacuato, nell’ospedale entrano dei poliziotti che devono verificare la serietà dell’allarme, dopo circa un’ora alcuni operatori internazionali vengono invitati a rientrare e a quel punto militari afgani ed inglesi, senza perdere tempo a girare per i reparti dell’ospedale, si precipitano in un magazzino e, come in un gioco di prestigio, proprio dalle prime casse che vengono aperte spuntano le armi. Gli operatori internazionali sono accusati di collaborare con il nemico per preparare un attentato e tutta Emergency viene additata pubblicamente come un’associazione che strizza l’occhio ai terroristi talebani.
A Genova la testimonianza di centinaia di migliaia di occhi umani e di decine di migliaia di occhi tecnologici furono fondamentali per ribaltare la verità di regime; ma il prezzo pagato fu enorme in termini di sofferenza e di dolore: Carlo non c’è più e una moltitudine fu massacrata di botte.
A Lashakar Gah non potevano esserci migliaia di occhi a svelare l’ignobile inganno, ma, c’è un video che mostra le inequivocabili modalità d’azione dei militari afgani e inglesi. Ci sono milioni di persone che hanno avuto salva la loro vita grazie al lavoro di Emergency; io stesso ho potuto verificare a Kabul nel 2007 come gli operatori di Emergency rischino ogni giorno la vita per rispettare il giuramento d’Ippocrate: curare chiunque indipendentemente da chi sia e da cosa abbia fatto.
Chi conosce Emergency sa che le accuse rivolte ai tre arrestati sono delle montature per liberarsi di testimoni il cui silenzio non si può comprare.
Ed infatti ora le autorità afgane cominceranno a distinguere i tre arrestati, a dividerli fra loro, a dire che c’è chi non ha alcuna colpa e chi invece è responsabile di ogni nefandezza fino al punto di essere accusato di aver venduto una vita umana all’epoca del rapimento di Mastrogiacomo: poco importa che in quel momento l’accusato si trovasse in un altro angolo del mondo.
Ma l’unica responsabilità di chi viene dipinto come sodale dei talebani è proprio quella di non aver mai abdicato alla propria neutralità, e di non aver quindi mai voluto tacere le stragi di civili che si ripetono quotidianamente.
Fini e La Russa non potevano non sapere: devono dimettersi
Nessun altro Paese avrebbe mai accettato che militari di una nazione alleata arrestassero senza preavviso e senza fornire giustificazioni dei propri concittadini. Questa elementare considerazione diventa ancora più ovvia se consideriamo la fitta presenza in Afghanistan di agenti dei servizi segreti italiani abituati ad interagire quotidianamente con i loro colleghi statunitensi, afgani, inglesi…E’ ed allora legittimo domandarsi se veramente qualcuno tra i vertici dei nostri Servizi o del governo italiano non fosse stato precedentemente avvisato.
Se, nonostante l’Italia continui a mandare migliaia di giovani a morire per difendere un governo come quello di Karzai (composto da signori della guerra e da narcotrafficanti) la Farnesina e il ministero della Difesa italiano non sapevano nulla (versione poco credibile) allora sono stati umiliati e trattati dai propri alleati peggio di un vassallo medievale.
Oggi la priorità assoluta è l’immediata mobilitazione per chiedere al governo italiano di impegnarsi con tutte le proprie forze per ottenere l’immediata liberazione dei tre arrestati.
Ma poi dovremo rilanciare senza indugi il movimento per il ritiro delle truppe e andranno chieste le immediate dimissioni di Frattini e di La Russa. Qualunque sia stato il loro ruolo: sia che sapessero e nulla hanno fatto per evitare l’arresto, sia che fossero stati tenuti all’oscuro mostrando così la totale incapacità e inefficienza dei nostri apparati informativi. In ambedue i casi vi sono ragioni più che sufficienti perché lascino immediatamente i loro incarichi.
da Liberazione di venerdì 16 aprile
*ex portavoce del GSF a Genova nel 2001 – membro Consiglio Nazionale federazione della Sinistra