14 settimane è il periodo minimo di congedo per maternità, retribuito, previsto attualmente per le lavoratrici dipendenti dalla direttiva europea che regolamenta tale materia. Questo diritto andrebbe però esteso alle lavoratrici autonome e alle compagne, mogli o conviventi, di lavoratori autonomi, con i quali collaborano all’attività professionale. Pochi giorni fa lo ha chiesto il Parlamento europeo, esprimendo la sua opinione relativamente alla proposta di modifica della suddetta direttiva comunitaria e votando la relazione dell’eurodeputata Astrid Lulling, membro della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. Il testo, concordato con il Consiglio in seconda lettura, sancisce la necessità di garantire gli stessi diritti sociali delle impiegate, ovvero delle lavoratrici con contratto a tempo indeterminato, anche alle lavoratrici autonome e alle cosiddette “coniugi coadiuvanti” dei lavoratori autonomi. Le coniugi o conviventi coadiuvanti non sono lavoratrici dipendenti a tutti gli effetti ma spesso aiutano i propri mariti o compagni nel loro lavoro autonomo, in particolare nel settore agricolo, nelle piccole imprese e nelle libere professioni. Ogni Stato membro dovrà decidere se il pagamento per l’adesione ai regimi di assicurazione sociale (che copre congedo di maternità, malattia, invalidità e vecchiaia) dovrà essere obbligatorio anche per le lavoratrici autonome oppure se potranno accedervi volontariamente. E toccherà sempre ai Paesi dell’Ue valutare se rendere obbligatorio o volontario il congedo di maternità per le lavoratrici autonome: ogni Stato stabilirà se imporre o meno il periodo di riposo dopo il parto a tutte le lavoratrici e dunque, di conseguenza, le imposte relative, anche per chi non ha un lavoro dipendente. In ogni caso, questa protezione potrà essere «proporzionale alla partecipazione alle attività del lavoratore autonomo (nel caso in cui si tratti di una donna che lavora insieme al proprio coniuge o compagno lavoratore autonomo, ndr) e/o al livello di contribuzione».
Il periodo di 14 settimane rappresenta tra l’altro «un minimo, prorogabile dagli Stati membri tenendo conto del loro diverso status nonche delle loro esigenze specifiche». L’Europarlamento ha inoltre previsto «per tenere conto delle specificita’ del lavoro autonomo», la possibilità per le conviventi collaboratrici di lavoratori autonomi di accedere «a un servizio di supplenza temporanea esistente che consenta loro interruzioni di attività in caso di gravidanza o per maternità, oppure agli eventuali servizi sociali nazionali esistenti. L’accesso a tali servizi può costituire un’alternativa all’indennita’ di maternita’ oppure una parte di essa». In questo caso la donna in congedo non riceverebbe l’intera indennità ma potrebbe essere facilmente sostituita nell’impresa familiare. Infine, viene chiesto agli Stati membri di adottare le misure necessarie per assicurare che le condizioni per la fondazione di un’impresa tra coniugi (o conviventi, nei Paesi in cui sono riconosciuti dalla legge nazionale, e sappiamo che ciò non accade in Italia ) non siano più restrittive che tra altre persone. Il Consiglio prevede di adottare gli emendamenti votati dall’emiciclo di Bruxelles il prossimo 7 giugno. Gli Stati membri avranno quindi due anni di tempo per introdurre modifiche alla direttiva, o quattro anni se avessero difficoltà a trovare le risorse per garantire il livello standard di protezione sociale alle lavoratrici autonome e alle mogli o conviventi dei lavoratori autonomi.
vorrei iniziare una vera e propria battaglia per i diritti delle lavoratrici autonome…da dove si può partire???
dai sindacati di base e dal continuare a sensibilizzare la CGIL sui lavoratori autonomi…non è una strada semplice, nè veloce, ma è un percorso necessario