Sembra veramente impossibile qualunque critica allo stato d’Israele. Questa volta a finire nell’occhi del ciclone è stata la Coop. La sua colpa è semplicemente quella di aver applicato le normative UE sull’obbligo di informare i consumatori sull’origine dei prodotti messi in vendita.
In conseguenza di questa normativa la Coop ha ritenuto che su alcune merci israeliane non fosse stata dichiarata in modo preciso la loro provenienza; non era cioè specificato se fossero stati prodotti in Israele o nei territori occupati: regioni che come tutti dovrebbero sapere sono occupate illegalmente e dove il dominio israeliano non è riconosciuto dall’ONU. L’informazione sul luogo di produzione è obbligatoria per permettere al consumatore di poter fare le proprie valutazioni che possono essere di qualunque tipo: sulla sicurezza ambientale come di natura etica. La mancanza di queste informazioni lede il diritto alla libera scelta dell’acquirente. Se i prodotti esclusi dagli scaffali fossero stati di qualunque Paese nessuno avrebbe avuto nulla da ridire.
Ma Israele considera se stesso al di sopra di ogni regolamento internazionale e di qualunque pronunciamento dell’ONU, come chiunque ha potuto constatare in questi lunghi decenni. Ed è così partito il linciaggio verso chi ha osato tanto. Le scelte di Coop e di Conad sono state attaccate in modo bipartisan da Pdl e Pd; i pasdaran di ambedue gli schieramenti hanno gareggiato fra loro: “cultura razzista”, “scelta ideologica e discriminatoria”, ed infine “decisione strabica”. Definizione, quest’ultima, che potrebbe sembrare addirittura una battuta satirica, ma di cattivo gusto, pronunciata da chi si ostina a non volere vedere (ecco il vero strabismo) la tragedia palestinese.
L’attacco concentrico ha ottenuto, almeno parzialmente, il suo obiettivo: Conad ha precisato di aver tolto i pompelmi solo perché non è più stagione !!!!! (un po’ più di fegato non avrebbe fatto male…); la Coop ha dovuto comprare una pagina intera dei principali quotidiani per precisare la propria posizione e, onore al vero, cercare di difenderla. Un’ultima, ma non meno importante, considerazione. La Coop, per spiegare le ragioni della sua scelta da non confondere con un boicottaggio scrive: «Il boicottaggio è un’azione del tutto estranea a Coop che da sempre opera seguendo i propri valori: solidarietà, eticità, cooperazione e trasparenza».
Il boicottaggio sarà pure estraneo alla Coop ma certamente non lo è ai valori della solidarietà, eticità, cooperazione e trasparenza. Anzi, a maggior ragione quando è il mercato a determinare il destino delle persone – e così è in questa nostra società – cercare di usare il mercato per difendere i diritti umani e il diritto alla vita di un popolo è un atto non solo etico, ma doveroso.
Applaudo quindi alla scelta di Coop, ma se avesse anche pubblicamente aderito alla campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani provenienti dai territori occupati, avrei applaudito due volte. Ma di questi tempi è bene sapersi accontentare.