Alcune unità della Marina militare israeliana hanno circondato e abbordato la “Estelle”, il veliero con a bordo attivisti filo-palestinesi diretto verso la Striscia di Gaza.

Israele, hanno riferito gli attivisti della Freedom Flotilla 2, aveva fatto sapere ieri, attraverso il ministero degli Esteri finlandese, che la Estelle sarebbe stata abbordata in acque internazionali e condotta nel porto israeliano di Ashdod con l’accusa di ingresso illegale in Israele. “Se i membri dell’equipaggio si dichiareranno colpevoli verranno espulsi immediatamente, altrimenti ci sarà un processo” aveva minacciato Tel Aviv. E così è stato.

“Alle 10.20 di oggi 20 ottobre, in acque internazionali a circa 17 miglia nautiche a nord di Arish, Egitto (secondo le ultime coordinate che sono riusciti a trasmetterci dalla nave,) navi da guerra israeliane hanno circondato Estelle e hanno dato il via all`assalto alla nave disarmata” informa  un comunicato diffuso da “Freedom Flotilla Italia”. “Navi da guerra israeliane hanno abbordato il veliero Estelle, con su attivisti per i diritti umani e membri del parlamento di diverse nazionalità europee, diretto a Gaza in missione di pace”. “Estelle”, continua il comunicato, “è una nave disarmata, in missione umanitaria e di pace, con cargo ispezionato più volte, equipaggio con dichiarate intenzioni non violente, in rotta da acque internazionali direttamente in acque territoriali di Gaza. Non può in alcun modo costituire minaccia né per la sicurezza di Israele né per altri”. “Il governo Israeliano poteva scegliere e doveva farla passare. Il governo israeliano non può addurre ragioni di sicurezza plausibili o avanzare competenze giuridiche territoriali sulla rotta di Estelle”, aggiune la nota. “La missione umanitaria di Estelle consiste in un messaggio di pace ben preciso e doveroso: solidarietà con il popolo palestinese e basta con l`assedio di Gaza subito e per sempre”, sottolinea “Freedom Flotilla Italia” che denuncia “l`ennesimo crimine di guerra del governo israeliano nei confronti di popolazione civile. A nome delle migliaia di persone a bordo diEstelle, chiediamo la fine dell`assedio illegale di Gaza subito e per sempre e il rilascio immediato di tutti i pacifisti prelevati da Estelle con la forza e attualmente ostaggi delle autorità israeliane”.

I commandos israeliani sono saliti a bordo del veliero e hanno arrestato tutti i membri dell’equipaggio e gli attivisti internazionali, dopodiché si sono persi i contatti con la Estelle. E’ la terza volta che la Freedom Flotilla tenta di violare il blocco navale imposto da Israele attorno alla Striscia di Gaza per portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese.

A Napoli è stato convocato un presidio per questa mattina (sabato), alle 11:30 a piazza Trieste e Trento  per ribadire la nostra vicinanza all’equipaggio dell’Estelle e per manifestare ancora una volta la nostra solidarietà al popolo palestinese.

Appuntamento anche a Milano:
alle ore 16 presidio in piazza Duomo, angolo Mercanti

Qui sotto un articolo di Michele Giorgio (Il Manifesto) sulla missione della Estelle

Urne aperte per i palestinesi della Cisgiordania chiamati oggi, dopo sette anni, a rinnovare consigli comunali e locali. Con il risultato del voto scontato – vincerà Fatah, il partito del presidente dell’Anp Abu Mazen, poichè Hamas e il Jihad islami boicottano il voto – l’attenzione di molti palestinesi dei Territori occupati (e di tanti attivisti internazionali) è rivolta alle acque di Gaza.

È previsto nelle prossime ore l’arrivo della nave pacifista svedese Estelle, ossia l’ultima missione della Freedom Flotilla3 volta a rompere il blocco navale di Gaza attuato da Israele. Tuttavia le possibilità che l’imbarcazione, un veliero con a bordo una ventina di passeggeri (incluso un italiano) e aiuti per la popolazione palestinese, riesca a raggiungere il porto di Gaza city sono scarse. Israele non ha fatto mistero di voler fermare, anche con la forza, la nave del movimento internazionale che si batte per porre fine al blocco della Striscia e che lo scorso 6 ottobre ha lasciato Napoli, dopo tre giorni di iniziative a favore della popolazione di Gaza, alle quali ha partecipato anche il sindaco Luigi De Magistris.

Qualche giorno fa, con una lettera inviata al Segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon, Israele ha chiesto che le Nazioni Unite intervengano per la navigazione della Estelle, altrimenti, ha avvertito, passerà all’azione, come avvenuto negli anni passati in altre missioni della Freedom Flotilla. È ancora vivo il ricordo dell’incursione di commando israeliani sul traghetto turco Mavi Marmara, alla fine di maggio del 2010, sfociata nell’uccisione di nove passeggeri. «È la Siria ad aver bisogno di aiuti», ha scritto nella lettera l’ambasciatore israeliano Dan Prosor all’Onu definendo la Estelle una «provocazione». «Voglio sottolineare – ha affermato Prosor – che Israele non vuole un confronto ma è determinata a far bloccare la nave».

Ebrei contro l’occupazione a bordo

È ampio il sostegno a questa nuova missione della Freedom Flotilla. In Italia ha raccolto l’appoggio di decine di associazioni e organizzazioni e anche quello di 12 fra deputati e senatori (dell’Idv e del Pd) che hanno sottoscritto (insieme a decine di altri parlamentari europei) l’appello internazionale «Fine del blocco di Gaza subito!». Ben diverso è l’atteggiamento della Farnesina che, rispondendo alla comunicazione che a bordo di Estelle si trova anche il cittadino italiano Marco Ramazzotti Stockel, ha fatto sapere che «sconsiglia» di recarsi a Gaza a causa degli «obiettivi rischi che i nostri connazionali potrebbero correre nel caso intendano recarsi via mare verso tale area», ricordando che «l’ingresso via mare nella Striscia comporta, come noto, una violazione della vigente normativa israeliana». La «normativa», ossia il blocco navale, è quella di una potenza occupante ma questo «particolare» appare del tutto irrilevante al nostro ministero degli esteri.

Marco Ramazzotti Stockel è un ebreo. «Non dimenticate di scrivere Stockel quando riportate il mio nome – dice l’attivista imbarcato sulla Estelle – così capiscono che sono ebreo e che se lotto contro l’occupazione è proprio per gli ebrei, è a loro che fa male, oltre che ai palestinesi, l’occupazione». Con un passato politico nel Pci e nella Cgil, iscritto a ECO-Ebrei contro l’Occupazione, laureato in Diritto internazionale, Ramazzotti Stockel ha già partecipato alla Freedom Flotilla lo scorso anno. «È un sogno quello di andare a Gaza per testimoniare da ebreo che siamo fratelli e che Israele deve trovare altre politiche che non siano quelle militaristiche per risolvere il contenzioso tra i due popoli», spiega l’attivista.

Sul terreno però le cose vanno nella direzione opposta da quella auspicata da Marco Ramazzotti Stockel. Chi vive a Gaza deve pagare ogni giorno un conto altissimo, specie se è un giovane. È notizia di questa settimana la decisione degli Stati Uniti di sospendere, di fatto su pressione di Israele, 30 borse di studio per studenti meritevoli della Striscia. Si tratta di un progetto lanciato due anni fa, dallo stesso Segretario di stato Hillary Clinton. Prevede che gli studenti di Gaza vadano nelle meglio attrezzate università della Cisgiordania. Secondo Israele invece gli atenei palestinesi sarebbero luoghi usati da Hamas per trovare nuovi seguaci. «Hamas lavora molto sulla ricerca di nuovo affiliati all’infrastruttura terroristica da Gaza alla Cisgiordania – ha detto Guy Inbar, portavoce dell’esercito – e sul trasferimento di conoscenze per rafforzare la struttura in Cisgiordania». Gli studenti di Gaza perciò non saranno autorizzati ad andare in Cisgiordania e gli Stati Uniti hanno subito abbozzato: le 30 borse di studio sono state date ad altri. Una notizia che si abbina ad documento del 2008 reso noto, grazie a una petizione dell’associazione israeliana per i diritti umani «Gisha», che descrive come i vertici del ministero della difesa dello Stato ebraico avessero fissato in 2.279 le calorie al giorno che poteva ricevere un abitante della Striscia: un numero di calorie che evitava critiche internazionali e teneva allo stesso tempo sotto pressione la popolazione civile. In tutto 107 camion di aiuti al giorno, cinque giorni alla settimana, per rifornire quel milione e mezzo di persone di palestinesi che vive nella prigione più grande del mondo.

Michele Giorgio

da Il Manifesto

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