Nel testo licenziato dal Senato il crimine di tortura è configurato come reato comune e non proprio del pubblico ufficiale, arrivando alla scrittura di una norma volutamente ingannevole e quindi pressoché inapplicabile; la tortura è tale solo se “violenze”, “minacce” e “condotte” sono plurime (in tutto il mondo si usa giustamente il singolare); la tortura mentale – la più diffusa – è tale solo se “il trauma psichico è verificabile” (quindi sottoposto a incerte valutazioni, con inevitabili disparità di trattamento e lasciando la porta aperta a tecniche, come la deprivazione sensoriale, oggi praticate in tutto il mondo); la possibilità di prescrizione permare (il Senato ha addirittura eliminato il raddoppio dei termini previsto dal testo della Camera, mentre le convenzioni internazionali e la Corte di Strasburgo richiedono la imprescrittibilità del reato); non è previsto alcun fondo per il recupero delle vittime (altro obbligo disatteso, mentre in altre leggi si prevede il rimborso delle spese legali per certe categorie di imputati); nulla si dice – ulteriore mancanza rispetto agli obblighi internazionali – sulla sospensione e la rimozione di pubblici ufficiali giudicati colpevoli di tortura e trattamenti inumani e degradanti.
Se la Camera approvasse questo testo, l’Italia avrebbe una legge che sembra concepita affinché sia inapplicabile a casi concreti; avremmo cioè una legge sulla tortura solo di facciata, inutile e controproducente ai fini della punizione e della prevenzione di eventuali abusi.
E’ nell’interesse dei cittadini e delle stesse forze di sicurezza mantenere l’Italia nel perimetro della migliore civiltà giuridica, perciò chiediamo ad Antigone, ad Amnesty International, alle associazioni, a tutte le persone di buona volontà di battersi con ritrovata fermezza affinché la Camera dei deputati cambi rotta e il parlamento compia l’unica scelta seria possibile, ossia il ritorno al testo concordato in sede di Nazioni Unite. Quel testo garantisce un equilibrato aggiornamento del codice penale e può essere approvato dal parlamento nell’arco di poco tempo, entro la fine di questa legislatura.
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Enrica Bartesaghi, Arnaldo Cestaro, Lorenzo Guadagnucci (Comitato Verità e Giustizia per Genova)
Ilaria Cucchi (associazione Stefano Cucchi)
Enrico Zucca (già pm nel processo Diaz)
Roberto Settembre (già giudice nel processo d’appello per Bolzaneto)
Fabio Anselmo (avvocato)
Michele Passione (avvocato, studioso della tortura)
Vittorio Agnoletto (già portavoce del Genoa social forum)
Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto (psicologi, autori di studi sulla violenza collettiva e le vittime di tortura)
Marina Lalatta Costerbosa (docente universitaria, autrice del libro “Il silenzio della tortura”)
Pietro Raitano (direttore di Altreconomia)