Ieri nostro padre ci ha lasciato. Le separazioni sono sempre molto difficili. E stato un grande medico, non solo del corpo, ma della persona nella sua interezza e complessità. Ma anche un padre pieno di racconti, di fantasia e sempre presente nei momenti per noi importanti.
Il più grande insegnamento che ci ha lasciato è che gli esseri umani hanno veramente tutti lo stesso valore; nel suo studio sono passate persone molto diverse fra loro, potenti e deboli, forti e fragili, lui ha trattato tutti sempre nello stesso modo, con la stessa disponibilità, dedicando loro il medesimo tempo e la stessa attenzione durante le visite come nelle telefonate che arrivavano a qualunque ora della giorno e della notte. Noi figli abbiamo cercato e cerchiamo di fare nostro questo insegnamento, anche se tale attenzione non sempre spalanca le strade o rende più facile la vita.
Ci ha insegnato il valore della libertà: come quando ci raccontava che da ragazzo girava con l’ombrello anche in giornate piene di sole per testimoniare, era in epoca fascista, la sua solidarietà al popolo inglese aggredito. In Inghilterra pioveva sempre….
La passione per la politica certamente l’ho presa da mio papà.
Noi abbiamo scoperto pian piano la concretezza dell’impegno antifascista di mio papà: da alcune lettere d’auguri che arrivavano a casa quando eravamo piccoli con firme che sembravano sconosciute e che invece corrispondevano a nomi di battaglia usati allora; dalla mamma che raccontava quanto si fosse insospettita quando ancora fidanzati in Liguria un signore incontrandoli per strada salutò il papà con altro nome…. L’insegnamento sui valori era preciso, ma mai portando se stesso e le scelte da lui compiute come esempio con il quale misurarsi.
Nostro fratello Stefano,storico della famiglia, ha raccolto le memorie di nostro padre su quei tempi lontani ma terribilmente attuali. Questo è quanto Stefano ha scritto oggi.
“Ciao papà. Ciao Carlo, Ma oggi mi piace ricordarlo come Vlady
Lui era Carlo, ma era anche Vlady, un nome che quando ero bambino mi appariva misterioso. Era il nome con cui persone sconosciute lo salutavano per strada o lo chiamavano al telefono o gli mandavano biglietti di auguri. Lui aveva scelto di non raccontarci nulla. Come dopo ci spiegò, per lasciarci liberi di fare le nostre scelte senza influenzarci con la sua storia.
Più di ci cinquant’anni dopo i fatti, da un articolo comparso su Repubblica del 4 novembre 1994, finalmente io, i miei fratelli e mia sorella iniziammo scoprire la vera storia di quel nome. Scoprimmo la storia di un gruppo di ragazzi,e ragazze (e qualche adulto) che nella Milano di fine anni Trenta sfidarono il Fascismo. Scoprimmo la storia di quel gruppo di sovversivi.
Scoprimmo perché nel 1938 nostro padre fu espulso dal liceo Beccaria. Scoprimmo storie di riunioni clandestine, di imprese coraggiose di propaganda anti-fascista, di armi nascoste, di fughe a bordo di camioncini o dentro i confessionali delle chiese. Scoprimmo anche altre storie ai nostri occhi folli: bandiere milaniste arrotolate col solo rosso e sventolate in pazze corse in Piazza Duomo. Scoprimmo perché nostro padre salutava sempre i cimiteri: per salutare gli amici (i “compagni”) che non aveva mai più incontrato e dei quali magari non aveva mai saputo neanche il vero nome.
Attraverso mio padre ho anche conosciuto la storia dimenticata di professori di scuola,di imbianchini, di operai e di impiegati che nella Milano di fine anni trenta non abbassarono la testa e dai quali nostro padre, giovane studente, imparò l’amore per la libertà e la giustizia.
Ecco, mi piace pensare che adesso abbia incontrato di nuovo alcuni tra i suoi amici di quel tempo”.

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