IL MINISTERO DELLA SALUTE CRITICA MA NON BOCCIA LA DISASTROSA LEGGE 23 CHE GOVERNA LA REGIONE LOMBARDIA.
In agosto è “scaduta” la l.23 che governa la sanità della Lombardia e che era stata approvata nell’agosto 2015 dalla giunta Maroni, ma che era stata autorizzata dal governo solo in via sperimentale per cinque anni, dopo i quali il Ministero dalla Salute avrebbe dovuto decidere se autorizzare il proseguimento della sperimentazione o imporre alla Lombardia di modificare la legge, riportandola all’interno di quanto previsto dalla legge nazionale 833/’78. Scelta che molti di noi auspicavano.
Oggi è arrivata la decisione del Ministero della Salute che ho così commentato a Radio Popolare in Metroregione.
Un documento di circa 70 pagine con molte osservazioni critiche ma con delle conclusioni che, al di là delle reazioni stizzite e delle risposte polemiche ad uso mediatico, non impensieriscono più di tanto chi governa la Lombardia.
Il Ministero della Salute chiede alla regione di istituire i dipartimenti di prevenzione, i dipartimenti di Salute mentale e i distretti sanitari presenti in tutt’Italia ma cancellati in Lombardia. Richieste importanti, ma interventi resi evidenti dalle carenze manifestatisi durante la pandemia e quindi provvedimenti dei quali nessuno oggi si sentirebbe di negare l’urgenza.
L’altro settore sul quale interviene il ministero è quello organizzativo, chiede: che alle 8 ATS attuali subentri un’unica ATS regionale; chiede che gli accordi contrattuali per l’accreditamento con i gruppi sanitari privati di grandi dimensioni siano stipulati a livello regionale e non locale e chiede il potenziamento delle Agenzia di controllo regionale con compiti di programmazione e vigilanza.
Non una parola sul preponderante peso delle strutture sanitarie private e sulla loro possibilità di muoversi a proprio piacimento dentro il Servizio Sanitario regionale senza alcun limite e controllo; non una parola di critica al progetto per i malati cronici per i quali la Lombardia ha istituito i gestori aprendo la porta alla totale privatizzazione della gestione di questa ricca fetta di mercato sanitario.
L’impressione, di più d’ uno degli addetti ai lavori, è che in fondo questo documento non dispiaccia tanto alla giunta Fontana; indica infatti la necessità di alcune cambiamenti, per altro non più rinviabili dopo la tragedia di questi mesi, ma lascia immodificate le fondamenta del cosiddetto modello Lombardia istituito da Formigoni.