La salute è dei ricchi

Tasso di obesità più alto d’Europa: Londra avvia la partnership con l’azienda farmaceutica Eli Lilly per sperimentare il farmaco antidiabete Mounjaro sui pazienti, soprattutto disoccupati

Il Manifesto Leonardo Clausi 17/10/2024

Chi non lavora non mangia. La reversibilità di quest’atavica frase è il nuovo mantra del governo Starmer, attanagliato fra l’obesità dilagante dei connazionali e una crescita economica che si ostina a essere più sfuggente di un’anguilla, nonostante sia la strada obbligata di un governo la cui missione è inventarsi di tutto pur di non ridistribuire la ricchezza del paese più diseguale d’Europa.

LA GRAN BRETAGNA infatti – nazione di gran lunga più americanizzata d’Europa – è sillogisticamente anche la più obesa e socialmente sperequata. E, come ci insegnano i determinanti sociali della salute – ovvero le cause non mediche che influenzano la salute dei cittadini – tra i due vi è una netta relazione. Un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità del 2022 ha mostrato che il Regno Unito ha il secondo tasso di obesità più alto d’Europa dopo Malta. Il paese è il 67mo più obeso al mondo (gli Usa sono il tredicesimo). Si stima che circa 1 adulto su 4 e circa 1 bambino su 5 di età compresa tra 10 e 11 anni vivano obesi, con il rischio elevato di sviluppare in età adulta ogni sorta di patologie. L’obesità provoca gravi condizioni di salute, tra cui malattie cardiache, diabete e cancro, con un costo annuale di circa 6,5 miliardi di sterline. A livello globale, l’Oms afferma che almeno 2,8 milioni di persone muoiono ogni anno a causa del sovrappeso o dell’obesità.

IL RISCHIO per la salute coincide naturalmente assai spesso con la disoccupazione dell’individuo obeso, che ricade sulla produttività, l’unico mantra ripetuto ad nauseam dal governo come panacea dei guai socioeconomici del paese. Per far fronte a questo esercito obeso di riserva, che grava con il sostanziale peso della sua inattività sul prodotto interno lordo e – soprattutto – sul sistema sanitario nazionale, il governo Starmer, nella persona del ministro della Sanità Wes Streeting, ha appena annunciato una partnership con un colosso di big pharma, l’americana Eli Lilly, la più grande azienda farmaceutica del mondo, e produttrice di Mounjaro, noto anche come tirzepatide: un farmaco antidiabete che ha fatto rilevare risultati più efficaci della concorrenza. Funziona inibendo l’appetito e sarà distribuito dal Ssn britannico, il National Health Service.

Uno studio pubblicato sul Jama Internal Medicine a luglio ha rilevato che i pazienti che assumevano Mounjaro avevano ottenuto una perdita di peso significativamente maggiore rispetto a Ozempic e Wegovy, farmaci prodotti dal gigante danese Novo Nordisk (il primo dei quali entusiasticamente spinto da Elon Musk, che lo ha additato come un toccasana per il proprio peso forma). In base all’accordo, Eli Lilly investirà inoltre 365 milioni di dollari nel Regno unito. L’investimento includerà una sperimentazione quinquennale di Mounjaro su un massimo di 3.000 pazienti, tra cui persone obese e – soprattutto – disoccupate.

L’OCCIDENTE non sarà più affamato ma resta in buona parte povero. Alla magrezza ortoressica dei ricchi e la loro ossessione con gli chef televisivi fa contrasto la mole espansa di una povertà obbligata a mangiare cibo spazzatura. Curry da asporto, pizze, polli in batteria fritti, kebab e fish and chips annegati nel sale e nelle salse: la working class britannica si sta ammazzando con le sue stesse diete.

IL CONSUMO medio di pollo fritto da asporto è aumentato del 613% dal 1974, di piatti pronti e prodotti a base di carne del 549% e di patatine e snack a base di patate del 226%. Oltre a quanto sopra, il principale responsabile sono i cibi ultra-elaborati (non “processati”, come si traduce pigramente: sono i loro produttori che dovrebbero esserlo): quelli appunto pronti, precotti e/o surgelati che hanno un tasso siderale di grassi e altre amenità. Nel frattempo, le famiglie britanniche acquistano sempre meno alimenti non elaborati: il consumo di carne bovina è diminuito del 55 per cento, quello di cavoli freschi del 67 per cento e quello di mele fresche del 44 per cento.

A dieci anni dalla pubblicazione del primo Marmot Review, un rapporto sulla salute sociosanitaria del paese, per la prima volta in più di 100 anni l’aspettativa di vita non è aumentata, e per il 10% più povero delle donne è addirittura diminuita. Il rapporto del 2020 confermava un aumento del divario sanitario nord/sud confermando che più l’area è povera, più breve è l’aspettativa di vita. I tassi di mortalità sono in aumento per gli uomini e le donne di età compresa tra i 45 e i 49 anni, forse in relazione alle cosiddette «morti per disperazione» (suicidio, abuso di droghe e alcol) fenomeno analogo a quanto rilevato negli Stati uniti. La povertà infantile è aumentata (22% rispetto al più basso del 10% in Europa, in Norvegia, Islanda e Paesi Bassi); i centri per l’infanzia e la gioventù sono stati chiusi; i finanziamenti per l’istruzione sono in calo.

A TUTTO QUESTO, il governo laburista di Keir Starmer, dopo i suoi traballanti primi cento giorni -punteggiati dalle solite storielle di regali ricevuti da riccastri donatori, da ingiustificabili favoritismi a melense popstar (che alzano il Pil dei paesi in cui si esibiscono) in cambio di ambitissimi biglietti ai loro concerti, e dalle ormai conclamate incapacità oratoriali di un premier che ripete la solita diecina scarsa di concetti con la meccanicità di un androide – cerca di far fronte aumentando la presenza delle grandi case farmaceutiche nel tessuto socioeconomico del paese. Per tornare di corsa al non meno inaccettabile adagio: chi non mangia lavora. La salute è dei ricchi.

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