Un interessante intervista all’ex presidente Dilma sulla situzione in Brasile
Dilma Rousseff
La democrazia è stata corrosa dallo Stato di Eccezione.
15 gennaio 2017
Solo elezioni dirette garantiranno la ripresa della crescita, la creazione di posti di lavoro e il reincontro con la democrazia in Brasile
Il Brasile cammina verso un futuro incerto, condizionato dal governo illegittimo che ha mostrato la sua vera faccia, frustrando le speranze della società. La soluzione passa da elezioni dirette del presidente, in sostituzione del governo illegittimo. Questa è la condizione imprescindibile perché il paese esca dalla crisi e per riprendere l’indirizzo della democrazia, della crescita e della creazione di posti di lavoro.
Sono passati solo sei mesi da quando il golpe parlamentare ha interrotto il mio mandato, consacrato da 54,5 milioni di voti. Hanno tramato un golpe che ha contato con l’appoggio di oppositori, traditori e parte dei mezzi di comunicazione e che ha scaraventato il paese in un periodo di incertezze e regressioni.
Hanno violentato la Costituzione del 1988 attraverso un golpe parlamentare che ha reso fragili le istituzioni e ha precipitato il Brasile nell’abisso della crisi istituzionale.
Tutto è possibile quando un mandato presidenziale è leso. L’impeachment senza crimine di responsabilità spalanca le porte all’avanzare della crisi politica e istituzionale.
Da ciò i conflitti istituzionali che si approfondiscono e lo scontro tra il Legislativo e il Giudiziario. Le relazioni di armonia ed equilibrio fra i poteri, imposte dalla Costituzione, sono compromesse.
In solo 90 giorni molto di quello su cui io avevo messo in guardia durante il processo di impeachment è diventato realtà. Le contraddizioni si accentuano e turbano lo scenario politico, economico e sociale. Le azioni per fermare l’ “emorragia” dell’ Operazione Lava Jato si sono mostrate inefficaci. Movimenti sociali, studenti, professori e cittadini subiscono la repressione delle loro manifestazioni.
Assistiamo, spaventati, ad occupazioni di scuole e università da parte di giovani per difendere il loro futuro represse con violenza, mentre manifestanti che invadono il Congresso chiedendo il ritorno della dittatura, sono trattati con benevolenza. I segnali di deterioramento dei diritti sociali sono evidenti. …
La democrazia è stata corrosa dallo Stato di Eccezione. L’interruzione illegale del mandato della presidente è l’elemento più distruttivo di questo processo, perché contamina le altre istituzioni.
Da ciò la distorsione dei fatti da parte di settori dei media oligopolisti o la decisione del Tribunale Federale della 4° Regione che ha autorizzato misure eccezionali, come la sospensione della legge e della Costituzione in nome della Lava Jato.
Altro segnale è la persecuzione implacabile al presidente Lula, sottoposto alla “giustizia del nemico”, la cui regola è stroncare la vittima.
In questo menu, la PEC 55 (Proposta di emenda costituzionale) si distingue in promuovere, simultaneamente, lo Stato di Eccezione e il ritorno del neoliberismo. Con un solo colpo elimina la popolazione dal Bilancio, riducendo le spese per salute ed educazione.
E allo stesso tempo, per i prossimi 20 anni, toglie a tutti noi il diritto di scegliere con il voto diretto “per chi, come e dove” saranno utilizzate le risorse del Bilancio. Incostituzionale in modo flagrante, la PEC rende possibile il ritorno del neoliberismo, dello Stato minimo fatto per pochi e da pochi.
La riforma della Previdenza proposta dal governo illegittimo esige l’età minima di 65 anni e 49 anni di tempo di servizio. Obbliga i giovani di 16 anni a lasciare gli studi per lavorare per potere avere il diritto alla pensione integrale.
L’obiettivo è chiaro. Dare continuità al processo di smontaggio dello Stato, iniziato da Fernando Henrique Cardoso e interrotto dai governo del PT. Si vuole smantellare il sistema di protezione sociale, avviato da Getúlio Vargas, attualizzato nella Costituzione del 1988 e rafforzato nel governo mio e di Lula.
Si sforzeranno per deregolamentare l’economia, ridurre le imposte sui molto ricchi e privatizzare le imprese di Stato. Oltre a stravolgere il mercato del lavoro, “flessibilizando” i diritti dei lavoratori e rendendo la pensione un privilegio di pochi.
Queste proposte tornano all’ordine del giorno dopo essere state sconfitte in quattro elezioni presidenziali. Per questo è stato fatto l’impeachment. Il programma neoliberista del PSDB, respinto dal voto popolare, ha bisogno che si sospenda la democrazia per essere eseguito. …
Richiama l’attenzione l’avidità dei militanti imprenditoriali … che sostengono che l’unico cammino di fronte al conflitto distributivo, acuito dalla crisi, è il taglio delle spese sociali, gettando il peso della crisi economica esclusivamente sulle spalle dei lavoratori e della classe media.
Escludono la possibilità di aumentare le imposte in un paese che sottopone a tributo soprattutto le entrate da salario. Questa discussione è vietata. E non importa che la conseguenza sia la caduta ancora maggiore della domanda e maggiore crisi per l’abbattimento dell’investimento pubblico e del consumo, in un quadro di stagnazione dell’investimento privato.
Difendo il fatto che aggiustamenti andavano compiuti. Aggiustamenti equilibrati, per migliorare la qualità delle spese e ridurre le uscite. Il limite della riduzione delle spese, tuttavia, è stato raggiunto. Vi è la necessità urgente di riforme, non per sottrarre diritti, ma, come nel caso della riforma tributaria, per allargare l’esazione e modificare il carattere regressivo del nostri sistema di imposte. Non possiamo continuare ad essere uno dei pochi paesi del mondo, in compagnia dell’Estonia, a non sottoporre a tributi i dividenti o a non tassare la rendita da capitale. …
Il Brasile affronta un problema fiscale che ha che fare con il rallentamento economico, responsabile per la caduta vertiginosa delle imposte. È necessario riconoscere che gli sgravi fiscali introdotti durante il mio governo, sia quelli sulla busta paga che quelli che hanno inciso sui settori produttivi hanno ridotto le entrate fiscali. I risultati sono stati vantaggiosi per le imprese sotto forma di aumento del margine di profitto.
Queste defiscalizzazioni non hanno prodotto nella maggior parte dei settori aumento della capacità produttiva e di conseguenza di future riscossioni, imponendo un onere eccessivo nella gestione fiscale dello Stato. Per questo è necessaria una revisione di tali defiscalizzazioni.
Tuttavia il paese necessita di misure che si contrappongano alla crisi. Durante il mio governo sono state criminalizzate tutte le misure fiscali anticicliche. La PEC 55, pro ciclica, eliminerà ora ogni e qualsiasi spazio per la politica fiscale, oltre ad irrigidire la politica monetaria.
In questo campo le manovre dei golpisti hanno avuto successo. Nel corso del mio (secondo) governo hanno vietato tutte le iniziative per invertire la crisi, praticando la politica del “tanto peggio tanto meglio” e “proposte bomba”. Peggio. Hanno mobilitato la popolazione contro i suoi propri interessi, impedendo l’ampliamento di opportunità e di diritti. …
Sono state le politiche di trasferimento di reddito, di valorizzazione del salario minimo, di ampliamento dell’accesso ai servizi pubblici e di incremento dell’investimento pubblico che hanno trasformato il Brasile e ci hanno tolto dalla carta della fame.
Questo processo inedito non ha garantito una effettiva trasformazione strutturale della nostra storica concentrazione di ricchezza. È stato insufficiente, perché siamo rimasti bloccati nella ridistribuzione della ricchezza, nella fiscalizzazione dei più ricchi con imposte progressive, tema vietato nel paese. …
Rinascendo come la fenice dopo quasi 13 anni, il neoliberismo del consorzio Temer-PSDB è coerente con il fatto che le nostre
grandi imprese produttive si sono finanziarizzate. Che credano e difendano l’ideale neoliberista non sorprende.
Ma che si associno alla difesa di una proposta che riduce la crescita economica e promuove il contenimento del mercato di consumo solo lo si capisce in presenza di una alta redditività del giro finanziario. Certamente una delle maggiori sfide allo sviluppo in Brasile è stata la contaminazione dei settori produttiva da parte del circuito del debito pubblico.
L’importanza che il risultato finanziario ha assunto per il disimpegno di nostre grandi imprese, anche ponendo in secondo piano eventuali limitazioni di competitività, spiega il disinteresse con cui il settore produttivo ha trattato la riduzione degli interessi nel 2012 e nel 2013. Serve anche a capire l’impegno di tali segmenti a favore del golpe, attratti fra l’altro dalla prospettiva di riforme e misure fiscali. …
La realtà sempre si impone. Ed è sempre più evidente che i golpisti hanno creduto in ciò che propagandavano e hanno sottostimato i fattori che hanno portato alla crisi economica: la fine del superciclo delle commodities, la decelerazione della Cina, la bassa crescita dei paesi sviluppati, la fine della politica di espansione monetaria degli Usa e la caduta delle entrate fiscali.
Soprattutto hanno sottovalutato le gravi e nefaste conseguenze economiche della crisi politica da loro creata. Questi fattori non si sono modificati con la conclusione dell’impeachment. L’ “emorragia” continua e diventa attacco morale. La crisi si è aggravata con l’illegittimità, gli scandali di corruzione e le false profezie.
Si è aggravata così rapidamente e in modo tanto profondo che l’instabilità prodotta nell’attuale governo e fra le istituzioni permette di prevedere la possibilità di un golpe dentro al golpe: l’elezione indirette per presidente, che non creerà stabilità o sicurezza istituzionale.
La speranza si allontana e sempre più si rivela un attacco alla democrazia, incapace di condurre al recupero della economia.
L’intolleranza e il risentimento davanti alla mancanza di sintonia fra le aspettative del popolo e le consegne del governo minano la legittimità della democrazia. Per la popolazione in primo luogo viene la perdita di potere in conseguenza del disprezzo dei risultati legittimi delle elezioni.
Poi la cassazione di diritti, attraverso riforme che promuovono arretramenti ed esclusione. Quando le tesi economiche dominanti impediscono di dare priorità a investimenti sociali, i governi non rispondono più alle necessità degli elettori.
La politica diventa irrilevante per la vita dei cittadini. Vi è quindi il rischio dell’antipolitica violenta, in cui argomentazioni sono sostituite da slogan e sensazionalismo. Per questo, se il golpe ha distrutto il presente del Brasile, spetta a noi lottare per il futuro.
La via di uscita non è la marcia dell’insensatezza golpista, ma la partecipazione popolare. È nella convocazione immediata di nuove elezione per presidente. Ci si unisca per le elezioni dirette, è il momento di riforma politica come proposto nel 2013.
Non si può uscire dalla crisi senza ridefinire il sistema politico, corroso da pratiche fisiologiche e corrotte, guastato dalla frammentazione dei partiti e dalla logica dell’immediatezza che non tiene in conto gli interessi del paese.
Questa è la strada per contenere l’arretramento e garantire che la volontà del popolo prevalga nel definire il nostro destino. Ripeto: il momento è grave, ma c’è ancora tempo per salvare la nostra giovane democrazia e promuovere la ripresa dell’economia. La parola è legittimità. Un bagno di legittimità per lavare l’anima del Brasile.
Per questo, elezioni dirette subito!
Fonte: Carta Capital.
(Traduzione di Teresa Isenburg)