Ho conosciuto e visitato la comunità di pace di San José De Apartado in Colombia e ho visto coi miei occhi come usa le strategie nonviolente contro la durissima repressione di esercito e paramilitari nei confronti di indigeni e contadini. Una scelta nonviolenta estrema nonostante le numerosissime vittime uccise da militari e paramilitari alleati tra loro. La comunità ha denunciato i soprusi sistematici dell’esercito ed è stata condannata perché ne “lede il buon nome”.
Firmate e fate girare.
Il buon nome dei soldati
Nelly Bocchi
07 Maggio 2021
Mentre la protesta pacifica di massa in Colombia viene repressa in modo tanto sanguinoso, la Comunità di Pace di San José de Apartadó, che ha sempre rifiutato categoricamente l’utilizzo delle armi pur vivendo in un Paese dilaniato dai conflitti sanguinosi tra narcos, guerriglie, paramilitari ed esercito regolare, aspetta l’annullamento di una sentenza assurda. I comuneros sono accusati di ledere il buon nome della XVII Brigata dell’esercito e, con essa, di tutte le forze armate. Da 24 anni denunciano le minacce, i soprusi, le violenze, i furti e gli omicidi di cui sono fatti oggetto dai paramilitari con la complicità o la partecipazione diretta dell’esercito. La denuncia, raccolta in molte e diverse occasioni dalle organizzazioni che difendono i diritti umani e la libertà di espressione, a cominciare dalle Nazioni Unite, è la sola arma che i campesinos hanno per difendersi
La Colombia è un paese in cui la violenza è stata storicamente usata come arma politica per sottomettere la popolazione. Lo si vede soprattutto in questi giorni in cui polizia e militari stanno usando una violenza sproporzionata contro manifestanti pacifici che protestano contro le politiche del governo. Non si contano i morti, i desaparecidos, i feriti e gli arrestati.
Ma non è solo questo, le forze militari colombiane usano anche” trucchi” legali per cercare di mettere a tacere la voce di chi le denuncia.
La Corte costituzionale della Colombia ha emesso una sentenza contro la Comunità di pace di San José de Apartadó, colpevole solo di aver accusato la XVII Brigata dell’esercito colombiano di partecipare, insieme ai paramilitari, alle continue violazioni dei diritti umani che i contadini della Comunità subiscono. Oltre trecento comuneros sono stati assassinati in 24 anni di storia.
Ciò che la Comunità afferma nelle sue denunce è stato confermato negli anni anche da varie organizzazioni nazionali e internazionali, come Amnesty International, Human Rights Watch e da uffici e relatori delle Nazioni Unite e della Corte interamericana dei diritti umani.
La Comunità di Pace è composta da contadini e contadine che rifiutano l’uso delle armi e di collaborare con ogni gruppo che le utilizza, compreso l’Esercito.
Più di 40 organizzazioni internazionali, 11 consigli comunali europei ( tra cui Fidenza, Padova, Narni, Barcellona, Valencia, Burgos, Rivas Vaciamadrid, Nijlen, Westerlo, Laakdal, Schilde ), istituzioni universitarie (Queen Mary University, Università di Valencia … ), numerose personalità (Noam Chomsky, David Kaye, relatore delle Nazioni Unite sulla libertà di opinione e di espressione, e deputati e deputate spagnoli/e hanno presentato alla Corte petizioni ,”amicus curiae” e memorie chiedendo l’annullamento di questa sentenza. La sua esecuzione impedirebbe alle vittime stesse di denunciare ciò che hanno subito e stanno subendo da parte di chiunque usi violenza immotivata nei loro confronti, Esercito compreso..
In questi giorni, i magistrati della Corte Costituzionale stanno discutendo se confermare o annullare una sentenza assurda e senza precedenti: la Brigata accusa la Comunità di aver “disonorato” il suo “buon nome” perchè, attraverso i loro comunicati, questi contadini e contadine pacifici usano la sola ” arma” che hanno, la parola, raccontando le violazioni sistematiche che subiscono.
In un Paese con un così alto tasso di impunità, soprattutto nei confronti dell’esercito, risulta quasi inimmaginabile questa strana vicenda e sicuramente senza precedenti.
La sentenza oggetto della richiesta di annullamento ha sollevato preoccupazioni nazionali e internazionali per le difficili condizioni di sicurezza che sta vivendo una comunità cha paga un prezzo incalcolabile per difendere il proprio diritto a vivere in pace e a esprimersi, diritti fondamentale per ogni persona.
Se la sentenza non verrà annullata, inoltre, si costituirebbe un precedente negativo per tutte le persone che subiscono violazioni dei diritti umani da parte di membri dell’esercito colombiano. Se alle vittime fosse impedito di denunciare le violazioni che subiscono, anche senza avere tutte le prove, non ci sarebbe mai alcuna azione per cercare di stabilire la verità, la giustizia, la riparazione e la non ripetizione delle aggressioni. Secondo il comandante della XVII Brigata, poi. la comunità, in alcune sue dichiarazioni pubbliche, danneggia la reputazione e l’onore non solo del comandante stesso ma dell’intera istituzione militare. I comunicati della Comunità di Pace, sono pubblicati sul sito web cdpsanjose.org e sono inviati a tutte le persone e organizzazioni solidali con essa.
Storicamente, la Comunità di San Josè ha utilizzato questo mezzo per difendere la propria libertà di espressione. È stato attraverso questi comunicati che la comunità internazionale è venuta a conoscenza dei gravi crimini perpetrati, come nel caso del massacro del 2005, dove 8 persone, di cui 2 bambini, sono stati uccisi da paramilitari e soldati della 17 ° Brigata.
Per firmare le petizioni presentate dagli enti locali e dalle associazioni dinanzi alla Corte costituzionale per la richiesta di nullità si può scrivere a:
nelly.bocchi@libero.it