Sommerso come tutti da commenti ed editoriali, ho preferito aspettare una settimana prima di condividere con voi qualche breve considerazione sul post elezioni, sforzandomi di guardare in avanti e di alzare lo sguardo.
- La sconfitta elettorale è “semplicemente” la ratifica di una sconfitta culturale maturata nei decenni passati: dagli anni ’80 l’ideologia del mercato e dell’individualismo hanno dominato la scena pubblica.
- Esauritasi completamente il compromesso socialdemocratico, costruitosi nei trent’anni seguenti alla fine della II° guerra mondiale, gran parte delle forze una volta definite progressiste hanno sposato il liberismo illudendosi di poterne governare la direzione. Per giustificarsi hanno inventato la teoria dello “sgocciolamento”: se i più ricchi diventano ancora più ricchi qualcosa sgocciolerà anche su chi sta alla base della piramide sociale. Al di là della non eticità di tale teoria, sappiamo che la realtà è ben diversa, i poveri diventano sempre più poveri e il loro numero continua ad aumentare. L’unico risultato è stato il disarmo culturale cha ha lasciato il liberismo senza rivali.
- Una conseguenza di tutto questo è la scissione tra diritti civili, diritti sociali e diritti ambientali; ma i diritti sono indivisibili, la forza dei diritti civili si fonda sull’esigibilità dei diritti sociali universali e sul rispetto dei diritti ambientali e viceversa. Se vengono cancellati gli uni, presto saranno cancellati anche gli altri.
- Le ricchezze e i profitti dell’1×1000 che domina il mondo sono incompatibili con un futuro possibile per l’intera umanità. Le pandemie, i cambiamenti climatici e le guerre sono una diretta conseguenza di questo modello di dominio. Nulla c’è da aspettarsi da decisori politici cortigiani di quell’1×1000 che sta ai vertici della piramide sociale.
Queste considerazioni si riferiscono a quanto è avvenuto in Italia, ma, con le debite differenze, indicano tendenze comuni a gran parte del mondo o per lo meno all’emisfero nord-occidentale.
- Ogni tentativo di opporsi all’attuale situazione e al suo tragico evolversi deve tenere insieme la dimensione locale e globale, deve unire la resistenza con la capacità di elaborare una prospettiva globale alternativa che sia credibile, concretamente realizzabile e che quindi possa essere attrattiva e fonte di speranza per le moltitudini delle classi sociali più deboli.
- La realizzazione di un’alternativa politica non ha possibilità di compiersi se prima non si costruisce un’alternativa culturale e valoriale. Una politica alternativa deve avere le sue strategie e le sue tattiche, che possono differenziarsi a secondo dei luoghi e dei tempi, ma questo è possibile se si fonda su radici salde e profonde, resistenti a forti venti e a sirene animate da lusinghe di ogni sorta.
- Dobbiamo unire le lotte e l’impegno che ognuno investe nel proprio specifico, dobbiamo aver chiaro che non si vince sulla sanità se si perde sull’ambiente e sul lavoro e viceversa, dobbiamo costruire reti, rafforzarne i nodi ed elaborare cultura, ognuno nel suo campo ma sempre attenti a costruire ponti.
- Per quanto mi riguarda, come sapete, il mio sforzo è concentrato soprattutto sulla difesa del diritto alla salute: nel mondo contro i brevetti sui farmaci e i vaccini, in Italia e in Lombardia contro la privatizzazione del sistema sanitario. Non è una battaglia da poco: tra qualche anno rischiamo veramente che il diritto a curarsi sia solo un lontano ricordo o un diritto per pochi ricchi. Attenzione perché il capitale sa bene che la sanità rappresenta, dopo l’industria bellica, il settore dove è possibile realizzare i massimi profitti. Sulla pelle e sulla vita delle persone, esattamente come in guerra.
Non dobbiamo arrenderci. Le nostre generazioni probabilmente non sono né migliori, né peggiori di quelle che ci hanno preceduto. Ma sulle nostre spalle pesa il destino dell’umanità e forse anche del pianeta. Non abbiamo scelto noi di essere chiamati a tali enormi responsabilità, ma non possiamo ignorarle. Diventeremmo complici della tragedia globale e della nostra stessa fine.